Ho la forte sensazione che, in un futuro non troppo lontano, mi troverò nuovamente a trattare il tema della crisi occupazionale a Porto Marghera, un problema che continua a ripresentarsi senza soluzioni concrete. Ciò che desta particolare preoccupazione è il disinteresse generalizzato, trasversale alle diverse forze politiche, di coloro che avrebbero almeno il dovere morale di cercare risposte e interventi adeguati per garantire un futuro ai lavoratori che stanno perdendo il loro impiego. Se questa tendenza dovesse proseguire, l’Italia rischia di trasformarsi in un “cimitero” di disoccupati”, privando migliaia di persone della dignità e della sicurezza economica. Spero sinceramente di sbagliarmi, ma i segnali che emergono non sono incoraggianti.

Nel febbraio 2010, a Marghera-Venezia, gli ex operai Sirma di Malcontenta e del Petrolchimico di Marghera si sono riuniti nel capannone sindacale, uno spazio storico dedicato alle lotte dei lavoratori, per manifestare contro l’aggravarsi della crisi occupazionale. Negli ultimi anni, la perdita di posti di lavoro ha raggiunto numeri allarmanti, lasciando molte persone prive di garanzie e prospettive, spesso a causa di decisioni aziendali discutibili, dettate più da logiche di profitto immediato che da una vera strategia di sviluppo a lungo termine.

Attraverso queste iniziative di protesta, si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla progressiva e inarrestabile chiusura di fabbriche e stabilimenti a Porto Marghera, un fenomeno che si sta verificando senza che le istituzioni competenti intervengano per monitorare e contrastare il declino. Ciò che una volta era uno dei poli industriali più dinamici d’Italia, attivo dagli anni ’70 fino alla metà degli anni ’90, sta progressivamente scomparendo, complice anche l’assenza di politiche mirate per la tutela dell’occupazione.

Un ulteriore elemento di preoccupazione è la “latitanza dei politici locali”, che sembrano distanti dalla realtà quotidiana di chi perde il lavoro. Solo alcune forze minori stanno manifestando attenzione verso la gravità della situazione, mentre chi avrebbe il potere di agire concretamente sembra preoccupato da altre priorità, trascurando un problema che incide profondamente sul futuro della comunità. La mancata azione politica non fa che allungare i tempi di una possibile ripresa e lascia Porto Marghera e il suo indotto in balia dell’incertezza. Senza un intervento immediato e mirato, il rischio è quello di vedere il nostro Paese scivolare verso una crisi occupazionale cronica, con ripercussioni su interi settori dell’economia.

Se avete qualche vostra opinione potete scriverla, oppure potete semplicemente solo commentare. Grazie.

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