Nel cuore di Padova, davanti alla Basilica di Sant’Antonio, si erge una delle statue più iconiche della storia dell’arte: il monumento equestre al Gattamelata, opera di Donatello. Ma chi era davvero questo uomo d’arme che ha meritato un tributo così maestoso? E perché la sua effigie ha segnato una svolta epocale nella scultura rinascimentale?

Gattamelata era il soprannome di Erasmo da Narni, nato nel 1370 in Umbria. Proveniente da una famiglia modesta, intraprese la carriera militare per necessità, arruolandosi come soldato di ventura. Il nomignolo “Gattamelata” potrebbe derivare dal cognome della madre, Melania Gattelli, oppure da un elmo decorato con una gatta color miele, o ancora dal suo carattere astuto e diplomatico, capace di “accarezzare” il nemico prima di colpirlo.

Nel corso della sua carriera, Erasmo servì diverse potenze italiane: la Repubblica di Firenze, lo Stato Pontificio e infine la Repubblica di Venezia, con cui ottenne i maggiori riconoscimenti. Fu nominato Capitano Generale delle milizie venete e si distinse per le sue abilità strategiche e la sua lealtà. Morì nel 1443, lasciando un’eredità militare e morale che la Serenissima volle celebrare con tutti gli onori.

La vedova di Erasmo, Giacoma Bocarini Brunori, commissionò a Donatello un monumento celebrativo. L’artista fiorentino, già celebre per le sue opere a Firenze, si trasferì a Padova nel 1443. L’opera fu realizzata tra il 1446 e il 1453: sette anni di lavoro per fondere in bronzo una figura che avrebbe sfidato il tempo.

Il monumento è alto circa 3,4 metri e lungo 3,9. Il cavallo è raffigurato al passo, con una zampa sollevata che poggia su una sfera: un dettaglio tecnico e simbolico, che richiama la padronanza del condottiero sulla forza e sull’instabilità del mondo. L’animale è possente, ma controllato con fermezza da Gattamelata, che lo guida con mano sicura.

Erasmo è ritratto a capo scoperto, con un volto austero e determinato. Indossa un’armatura decorata, con una testa di Medusa sul petto e putti musicanti sulla cintura. Nella mano destra tiene lo scettro del comando, simbolo del potere conferitogli dalla Repubblica di Venezia. La scelta di rappresentarlo senza elmo è significativa: Donatello vuole esaltare l’intelligenza e la leadership, non solo la forza.
Il monumento al Gattamelata è la prima statua equestre in bronzo di grandi dimensioni dai tempi dell’Impero Romano. Donatello si ispira al Marco Aurelio del Campidoglio, ma introduce elementi moderni: il realismo psicologico, la tensione dinamica, l’autonomia spaziale. Non è una tomba, non è una nicchia: è una celebrazione pubblica, libera e potente.

Nel 2025, la statua è stata temporaneamente rimossa per un delicato restauro, dopo aver mostrato segni di vulnerabilità strutturale. L’intervento, supervisionato da esperti internazionali, ha permesso di preservare il capolavoro per le generazioni future. È la seconda volta che il monumento viene spostato: la prima fu nel 1940, per proteggerlo dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale Wikipedia Sky Arte.

Il Gattamelata non è solo un’opera d’arte: è un simbolo di Padova, della Repubblica di Venezia, del Rinascimento italiano. Rappresenta il passaggio dalla scultura medievale a quella moderna, dalla funzione funeraria alla celebrazione civile. È un manifesto di potere, di equilibrio, di umanità.

Il monumento si trova in Piazza del Santo, a Padova, proprio davanti alla Basilica di Sant’Antonio. È una tappa obbligata per chi visita la città, un punto di riferimento per gli amanti dell’arte e della storia. E anche oggi, a distanza di secoli, il Gattamelata continua a parlare — con il bronzo, con il gesto, con lo sguardo.

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